NEWSLETTER 5 – NUMERO SPECIALE PER IL PRIMO MAGGIO – 01 MAG 2024

La canzone popolare e il I Maggio

Così cantava Ivano Fossati, nell’album “Lindbergh” (1992).

Alzati che si sta alzando la canzone popolare, se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare. Alzati che si sta alzando la canzone popolare, se c’è qualcosa da dire ancora ce lo dirà, se c’è qualcosa da imparare ancora ce lo dirà.

E in effetti, la canzone popolare, per buona parte del Novecento, ha detto quello che doveva dire (a proposito del Proletariato), e ha anche indicato cosa ci fosse da fare (al Proletariato). OGGI, la canzone popolare si scioglie nel “pop” (“popolare”, ma per diffusione mediatica), e il Proletariato “tradizionale” (operai e contadini), fatica a trovare una rappresentazione credibile.
Neanche – lo vedremo – nella kermesse del I Maggio, nota oramai come “Concertone” (di Piazza San Giovanni, a Roma).

Il Proletariato, OGGI, potrebbe essere rappresentato, entro una più ampia aggregazione, di cui fanno parte anche i Precari e gli Immigrati. Tuttavia, entro questa più ampia aggregazione, solo gli immigrati di seconda generazione trovano una “vera” rappresentazione musicale, attraverso il Rap e la Trap (“vera” non significa automaticamente: “di qualità”). Possiamo dire, al limite, che vengano rappresentate le periferie delle metropoli, ma gli immigrati di seconda generazione sono diventati comunque socialmente e musicalmente egemoni, scalzando di fatto la musica napoletana degli Anni Novanta (Almamegretta e 99 Posse).

E quindi: che fine hanno fatto operai e contadini? Non interessano più? Non sono più “trendy”? (“Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro”, monologava Gaber)? O forse la nostra società finisce per rimuovere ciò che “puzza di povero” (a meno che non sia “pop”)?

“Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro”

Certo, se così fosse, le ragioni di un canto “popolare” (e non semplicemente “pop”) dovrebbero essere riproposte, a maggior ragione! Ma sappiamo che è andata diversamente. Dopo gli Anni 50-60-70, raccontare il “popolo” è diventato meno abituale.

Vale la pena, però, di ricordare come proprio in quegli anni si diffuse l’utopia di accompagnare la tradizione italiana in un processo di rinnovamento, in qualche modo similare a quello del Blues, che era stato dapprima prima rurale, poi urbano, poi discografico (con le “mitiche” 29 tracce, su 78 giri, di Robert Johnson), poi mediatico (Eric Clapton, su tutti), e infine “cult” (con i “Blues Brother”, che in realtà hanno cantato il Soul, che è comunque una delle musiche derivate dal Blues). Dal Blues, deriva ovviamente, con altre contaminazioni, anche e soprattutto il Jazz.

Sicché, la canzone popolare anonima (d’amore, di lavoro, religiosa, di protesta, generalmente dialettale), che aveva trovato dapprima i suoi grandi interpreti (Giovanna Daffini, Maria Carta, Rosa Balistreri, Otello Profazio) e i suoi teorici (Gianni Bosio e Roberto Leydi), trovava finalmente i suoi innovatori (Ivan Della Mea, Nuovo Canzoniere Italiano, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Ivan della Mea, Enzo del Re, Canzoniere Internazionale, ‘E Zezi, Tarantolati di Tricarico), salvo poi “sciogliersi”, finita quella stagione, in numerose musiche “di confine”, “contaminate” dalla musica etnica.

Oggi, a parte il Cantautorato (fenomeno dai contorni assai sfrangiati, a cui abbiamo dedicato la scorsa Newsletter), possono essere considerati “pop-ma-popolari” esperimenti come quello di Enzo Avitabile e i Bottari, comunque minoritario, e decisamente inconsueto.

A Giovanna Daffini vengono annualmente dedicate varie iniziative da parte del Comune di Motteggiana (MN), fra cui il Concorso, a cui abbiamo partecipato più volte, e più volte siamo stati premiati (Schenetti-Domizi).

Premio della Critica
Trofeo Giovanna Daffini
Primo Premio Cantastorie in Europa

La nostra canzone “popolare-pop” usa la ballata, il rock, la tradizione operistica e il rap.
Qui, alcuni ulteriori esempi.

Dallo spettacolo “Senza Confini”
Live dalla Spettacolo EVIL

Se volete ascoltare ulteriori brani sul tema del Lavoro, qui la playlist “Senza Confini”.

Il tema del lavoro è stato trattato nei seguenti libri di Marzia Schenetti:

I rapporti fra “pop”, “popolare” e “nazional-popolare” (attraverso Gramsci, Umberto Eco e i protagonisti della televisione italiana) sono al centro della riflessione teorica di Gianfranco Domizi. ‘

Per finire,
Nonostante tutta questa nostra produzione, anche pluri-premiata, non abbiamo mai avuto l’onore di essere invitati al “Concertone” del I Maggio, pur avendo inviato agli Organizzatori le nostre canzoni. “Si tratta – ci siamo detti – di una manifestazione sindacale, entro cui le nostre opere (non solo le nostre, of course), troverebbero una collocazione veramente adeguata”. (E non lo diciamo per un “riconoscimento” alla nostra produzione, ma perché siamo convinti che la “riattualizzazione” della memoria operaia e contadina non
dovrebbe arenarsi agli Anni Settanta, venendo quasi integralmente sostituita dal Pop.)

Abbiamo chiesto. Ebbene, questa è stata la risposta degli Organizzatori (27 Marzo 2017):
Gentile Gianfranco, lei parte da un assunto errato. A differenza di quanto lei dice e scrive, il concerto del Primo Maggio di Roma non è organizzato con i soldi dei lavoratori e anzi, a dire il vero, non utilizza nemmeno un euro dei lavoratori. L’evento è completamente finanziato da Sponsor privati ed i diritti di trasmissione vengono acquistati da RAI. CGIL, CISL e UIL non intervengono con nessun tipo di finanziamento all’organizzazione, ma sono semplicemente i promotori del Concerto. Inoltre la Giuria di Qualità è formata da indiscutibili esperti del settore e tra di loro c’è anche un musicista (si informi meglio).

Da chi dovremmo informarci, se non lo fate né voi, né i giornali, né i Sindacati stessi? E poi – a dirla tutta -: perché gli Organizzatori siete proprio voi? C’è stato un bando? Oppure … (Informateci anche di questo, magari.)
Ma stiamo ai fatti:, al “Concertone”, per ammissione stessa degli Organizzatori, va la musica che accontenta la RAI, gli inserzionisti pubblicitari, i cantanti del momento, e – ovviamente – i discografici (oltre agli Organizzatori stessi). I Sindacati mettono solamente la firma; per ricordare alle masse che esistono: insomma, si autorappresentano, senza interferire in nulla, Fedez compreso … ma infine, per mantenere pulita la reputazione, nella Giuria di Qualità “c’è anche un musicista”.

Mecojoni! Uno! Grazie per avercelo detto, perché è QUESTA l’informazione più importante.

Il “pop” s’è mangiato il “popolare”, anche nelle rassegne “operaie”. Si dovrebbe forse fare qualcosa contro questo stato di cose. Ma cosa? Ce lo dirà “la canzone popolare”, come suggerisce Ivano Fossati?

Beh, questo è il nostro suggerimento!

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