NEWSLETTER 11 – 12 Giugno

“Elettori … champagne!”

Notoriamente, alle Elezioni si finisce per vincere tutti: affinché si ottenga questo gradito effetto, basterà confrontare gli esiti delle ultime con un’elezione del passato che risulti particolarmente conveniente: la più vicina nel tempo, oppure, se fa più comodo, quella più omogenea, per quanto riguarda gli organismi da eleggere.

E dopo la vittoria … “champagne!” (alla Peppino di Capri).

Stavolta, PD, AVS (Verdi-Sinistra) e FDI, avrebbero a disposizione elementi numerici che invitano a festeggiare, mentre i seguaci del M5S, di Renzi e Calenda dovrebbero stare a leccarsi le ferite, in quanto sconfitti. Accreditiamo infine un pareggio (o qualcosa in più) per FORZA ITALIA, e un pareggio (o qualcosa in meno) per la LEGA, nonostante abbia calato il Settebello, ovvero il Generale Vannacci.

E quindi, festeggeranno?

Se invece dei numeri, parliamo di strategia, FDI potrebbe invece cominciare a preoccuparsi delle inquietudini della LEGA, che evidentemente non accetterà di essere il partito meno influente della coalizione di Centrodestra. E, a maggior ragione, dovrebbe preoccuparsi il PD, la cui avanzata ha però “bruciato” ben tre alleati! Per quanto riguarda AVS, sembrerebbe aver ben giocato la sua carta, ovvero Ilaria Salis; ma considerando l’imprevedibilità della “ragazza”, e anche quella del suo ingombrantissimo padre, non escluderei una futura ondata d’antipatie … insomma, Bonelli e Fratoianni hanno astutamente pensato al presente (sopravvivenza e quasi-insperato successo), non curandosi tuttavia dei problemi che si erano già creati con il passato “specchietto”: Soumahoro, e che potranno crearsi, a seguito della mossa politica ed elettorale suddetta.

E quindi: esistono elementi per festeggiare (ci riferiamo sempre a PD, AVS e FDI)? Esisterebbero – complementarmente – elementi per cominciare invece a guardarsi alle proprie spalle, già da domani?

Si dovrebbero comunque minimizzare i tripudi, alla luce dell’imperante astensionismo (che è poi il vero vincitore della consultazione)? Essendo comunque Elezioni Europee, dovremmo essere guidati, nelle reazioni al voto, dagli esiti complessivi, a livello continentale, più che a livello italiano?

Un po’ di tutto questo. O – forse – niente di tutto questo.

L’idea della “grande vittoria” è più tipica del Novecento, quando si pensava, o si sperava, che dalle urne potesse uscire l’inizio di un ciclo memorabile.

Ci sperava soprattutto il PCI, giacché aveva i “militanti” e gli intellettuali più infervorati. (I primi li aveva anche il MSI, ed anche qualche buon intellettuale, peraltro piuttosto silenzioso e silenziato, ma la sopravvivenza e l’ascesa del partito avvenivano in un clima di sospetto politico-sociale, considerando gli elementi di continuità con il Fascismo.

Ma né per il PCI, né, tantomeno, il MSI, riusciranno a innescare un ciclo di vittorie, almeno a livello nazionale, tale da essere ricordato nei decenni. Non a caso, come esempio di trionfo dei primi, vengono citate, più che le Elezioni, la grande e commovente reazione popolare, dopo la morte di Berlinguer.

Guardando all’Europa, se intervistassimo un po’ di 50-60-70-80enni, ricorderebbero forse il Welfare nel Nord Europa, il Portogallo fuoriuscito quasi senza spargimenti di sangue dal regime di Destra (vincendo la tentazione di inaugurare un regime comunista, grazie all’accurata sorveglianza da parte dei socialisti di Mario Soares), l’unificazione delle due Germanie, il “thatcherismo” e il “blairismo” in Inghilterra, il “berlusconismo” in Italia.

Ma poi, le vittorie della Sinistra hanno regolarmente smantellato il modo di governare della Destra, e viceversa.

E’ la Democrazia, bellezza! Nessun ciclo tende a dare un’impronta quasi-definitiva. Nessun governo dura troppo a lungo.

Di questo primo quarto di secolo del Terzo Millennio, ci si ricorderà forse di Orban, o magari del socialista Costa, in Portogallo (ma bisogna essere ben informati sulle vicende internazionali).

E quindi, cosa c’è da festeggiare? Un effimero momento di gloria? Una futura occupazione di posti di potere? Il fatto di avere sconfitto l’avversario? …

… perché sembra sempre più spesso che il fine di danneggiare chi si odia, o chi ci infastidisce, sia oramai soverchiante sul desiderio di costruire qualcosa che resti nel tempo.

Per quanto riguarda i vincitori “veri”, ovvero i non-votanti, li si continua a considerare dei frustrati, dei demotivati, degli autolesionisti, degli ignoranti, degli asociali, non ammettendo neanche per ipotesi che si tratti invece di una risposta politica, forse foriera di cambiamenti, che oggi non possiamo neanche immaginare.

O più semplicemente: anche se la Politica contemporanea non fosse così mediocre (oltre che irrilevante, rispetto all’Economia e alla Finanza), chi vive di politica (con tutto il corredo di odi, rancori e fastidi che ciò finisce per esigere ai “militanti” e all’opinione pubblica), non può neanche sospettare, e meno che mai accettare, l’esistenza di persone che alla Politica preferiscono la Vita.

Forse il Mondo, prima di “cambiarlo”, accogliendo l’invito di Marx, o di altri, bisogna saperselo godere.

Questa linea di ridimensionamento della Politica “ufficiale”, trova un punto di non-ritorno, già in piena epoca illuminista, nel dialogo IL NIPOTE DI RAMEAU, di Denis Diderot, e viene sviluppata nel Novecento, in forma saggistica, in tutta la produzione di Ivan Illich:

1 – Il Nipote di Rameau (Diderot)

2 – La convivialità (Illich)

3 – Esperti di troppo. Il paradosso delle professioni disabilitanti (Illich).

A tale linea, si ispira la produzione saggistica di Gianfranco Domizi:

Gianfranco Domizi: ‘NTO Ideologie politiche e Ideologia fra Novecento e Terzo Millennio, VES Voler Essere Stocaxxo.

Sempre di Gianfranco Domizi Rameau 2.0. Per una critica “etilica” della Politica …

… che può essere interpretato sia come omaggio al libro “capostipite” di Diderot, sia come ricognizione, in positivo, delle ragioni del non-voto.

https://www.goodreads.com/book/show/180973414-rameau-2-0

Per quanto riguarda la produzione artistica di Marzia Schenetti, consigliamo quattro brani.

Il primo (La Gente Normale), intende cogliere l’opportunità di un distacco esistenziale dalla Politica; gli altri tre – al contrario, e quindi “dialetticamente” – rilanciano le ragioni di una politica autenticamente progressista, radicata nella Storia del Movimento Operaio, e che abbia per obiettivi prioritari il lavoro (All’Alba dei Ciclisti), le nuove povertà (Ultime notizie da Piazza CInquecento),  l’Internazionalismo, il Pacifismo e la questione femminile (Jin Jiyan Azadì):





Il brano contiene una citazione di L’Inno del Primo Maggio, chiamato anche Vieni o maggio o Canzone del maggio, un canto anarchico e socialista, scritto da Pietro Gori nel 1982.



Se l’articolo ti è piaciuto lascia un tuo commento, mi farà piacere! Se hai ricevuto questa newsletter direttamente in posta elettronica, riceverai automaticamente i prossimi numeri, ma se non desiderassi riceverla più, puoi scriverlo nel format qui sotto. Se sei entrato/a in contatto con la newsletter attraverso media diversi dalla posta elettronica, puoi continuare a riceverla, lasciando il tuo indirizzo e un messaggio nel format qui sotto.

NEWSLETTER 5 – NUMERO SPECIALE PER IL PRIMO MAGGIO – 01 MAG 2024

La canzone popolare e il I Maggio

Così cantava Ivano Fossati, nell’album “Lindbergh” (1992).

Alzati che si sta alzando la canzone popolare, se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare. Alzati che si sta alzando la canzone popolare, se c’è qualcosa da dire ancora ce lo dirà, se c’è qualcosa da imparare ancora ce lo dirà.

E in effetti, la canzone popolare, per buona parte del Novecento, ha detto quello che doveva dire (a proposito del Proletariato), e ha anche indicato cosa ci fosse da fare (al Proletariato). OGGI, la canzone popolare si scioglie nel “pop” (“popolare”, ma per diffusione mediatica), e il Proletariato “tradizionale” (operai e contadini), fatica a trovare una rappresentazione credibile.
Neanche – lo vedremo – nella kermesse del I Maggio, nota oramai come “Concertone” (di Piazza San Giovanni, a Roma).

Il Proletariato, OGGI, potrebbe essere rappresentato, entro una più ampia aggregazione, di cui fanno parte anche i Precari e gli Immigrati. Tuttavia, entro questa più ampia aggregazione, solo gli immigrati di seconda generazione trovano una “vera” rappresentazione musicale, attraverso il Rap e la Trap (“vera” non significa automaticamente: “di qualità”). Possiamo dire, al limite, che vengano rappresentate le periferie delle metropoli, ma gli immigrati di seconda generazione sono diventati comunque socialmente e musicalmente egemoni, scalzando di fatto la musica napoletana degli Anni Novanta (Almamegretta e 99 Posse).

E quindi: che fine hanno fatto operai e contadini? Non interessano più? Non sono più “trendy”? (“Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro”, monologava Gaber)? O forse la nostra società finisce per rimuovere ciò che “puzza di povero” (a meno che non sia “pop”)?

“Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro”

Certo, se così fosse, le ragioni di un canto “popolare” (e non semplicemente “pop”) dovrebbero essere riproposte, a maggior ragione! Ma sappiamo che è andata diversamente. Dopo gli Anni 50-60-70, raccontare il “popolo” è diventato meno abituale.

Vale la pena, però, di ricordare come proprio in quegli anni si diffuse l’utopia di accompagnare la tradizione italiana in un processo di rinnovamento, in qualche modo similare a quello del Blues, che era stato dapprima prima rurale, poi urbano, poi discografico (con le “mitiche” 29 tracce, su 78 giri, di Robert Johnson), poi mediatico (Eric Clapton, su tutti), e infine “cult” (con i “Blues Brother”, che in realtà hanno cantato il Soul, che è comunque una delle musiche derivate dal Blues). Dal Blues, deriva ovviamente, con altre contaminazioni, anche e soprattutto il Jazz.

Sicché, la canzone popolare anonima (d’amore, di lavoro, religiosa, di protesta, generalmente dialettale), che aveva trovato dapprima i suoi grandi interpreti (Giovanna Daffini, Maria Carta, Rosa Balistreri, Otello Profazio) e i suoi teorici (Gianni Bosio e Roberto Leydi), trovava finalmente i suoi innovatori (Ivan Della Mea, Nuovo Canzoniere Italiano, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Ivan della Mea, Enzo del Re, Canzoniere Internazionale, ‘E Zezi, Tarantolati di Tricarico), salvo poi “sciogliersi”, finita quella stagione, in numerose musiche “di confine”, “contaminate” dalla musica etnica.

Oggi, a parte il Cantautorato (fenomeno dai contorni assai sfrangiati, a cui abbiamo dedicato la scorsa Newsletter), possono essere considerati “pop-ma-popolari” esperimenti come quello di Enzo Avitabile e i Bottari, comunque minoritario, e decisamente inconsueto.

A Giovanna Daffini vengono annualmente dedicate varie iniziative da parte del Comune di Motteggiana (MN), fra cui il Concorso, a cui abbiamo partecipato più volte, e più volte siamo stati premiati (Schenetti-Domizi).

Premio della Critica
Trofeo Giovanna Daffini
Primo Premio Cantastorie in Europa

La nostra canzone “popolare-pop” usa la ballata, il rock, la tradizione operistica e il rap.
Qui, alcuni ulteriori esempi.

Dallo spettacolo “Senza Confini”
Live dalla Spettacolo EVIL

Se volete ascoltare ulteriori brani sul tema del Lavoro, qui la playlist “Senza Confini”.

Il tema del lavoro è stato trattato nei seguenti libri di Marzia Schenetti:

I rapporti fra “pop”, “popolare” e “nazional-popolare” (attraverso Gramsci, Umberto Eco e i protagonisti della televisione italiana) sono al centro della riflessione teorica di Gianfranco Domizi. ‘

Per finire,
Nonostante tutta questa nostra produzione, anche pluri-premiata, non abbiamo mai avuto l’onore di essere invitati al “Concertone” del I Maggio, pur avendo inviato agli Organizzatori le nostre canzoni. “Si tratta – ci siamo detti – di una manifestazione sindacale, entro cui le nostre opere (non solo le nostre, of course), troverebbero una collocazione veramente adeguata”. (E non lo diciamo per un “riconoscimento” alla nostra produzione, ma perché siamo convinti che la “riattualizzazione” della memoria operaia e contadina non
dovrebbe arenarsi agli Anni Settanta, venendo quasi integralmente sostituita dal Pop.)

Abbiamo chiesto. Ebbene, questa è stata la risposta degli Organizzatori (27 Marzo 2017):
Gentile Gianfranco, lei parte da un assunto errato. A differenza di quanto lei dice e scrive, il concerto del Primo Maggio di Roma non è organizzato con i soldi dei lavoratori e anzi, a dire il vero, non utilizza nemmeno un euro dei lavoratori. L’evento è completamente finanziato da Sponsor privati ed i diritti di trasmissione vengono acquistati da RAI. CGIL, CISL e UIL non intervengono con nessun tipo di finanziamento all’organizzazione, ma sono semplicemente i promotori del Concerto. Inoltre la Giuria di Qualità è formata da indiscutibili esperti del settore e tra di loro c’è anche un musicista (si informi meglio).

Da chi dovremmo informarci, se non lo fate né voi, né i giornali, né i Sindacati stessi? E poi – a dirla tutta -: perché gli Organizzatori siete proprio voi? C’è stato un bando? Oppure … (Informateci anche di questo, magari.)
Ma stiamo ai fatti:, al “Concertone”, per ammissione stessa degli Organizzatori, va la musica che accontenta la RAI, gli inserzionisti pubblicitari, i cantanti del momento, e – ovviamente – i discografici (oltre agli Organizzatori stessi). I Sindacati mettono solamente la firma; per ricordare alle masse che esistono: insomma, si autorappresentano, senza interferire in nulla, Fedez compreso … ma infine, per mantenere pulita la reputazione, nella Giuria di Qualità “c’è anche un musicista”.

Mecojoni! Uno! Grazie per avercelo detto, perché è QUESTA l’informazione più importante.

Il “pop” s’è mangiato il “popolare”, anche nelle rassegne “operaie”. Si dovrebbe forse fare qualcosa contro questo stato di cose. Ma cosa? Ce lo dirà “la canzone popolare”, come suggerisce Ivano Fossati?

Beh, questo è il nostro suggerimento!

Se l’articolo ti è piaciuto lascia un tuo commento, mi farà piacere! Se hai ricevuto questa newsletter direttamente in posta elettronica, riceverai automaticamente i prossimi numeri, ma se non desiderassi riceverla più, puoi scriverlo nel format qui sotto. Se sei entrato/a in contatto con la newsletter attraverso media diversi dalla posta elettronica, puoi continuare a riceverla, lasciando il tuo indirizzo e un messaggio nel format qui sotto.

LA NEWSLETTER del MERCOLEDI’

QUELLI CHE HANNO FATTO LA STORIA – Numero 04 – 24 Aprile 2024

La Storia viene “fatta” al 99% da grandi masse di gente comune.
Anche quando si tratta di abbattere le dittature, il coraggio quotidiano delle persone, la resistenza disarmata, i gesti di pietà e di accoglienza verso vittime e perseguitati, finiscono per “fare la Storia”, assai più delle azioni che ci vengono storicamente tramandate, spesso funzionali alle carriere politiche.
Perfino l’apatia nei confronti del Potere (che notoriamente vive di “entusiasmi”), svolge un ruolo cruciale per abbattere i sovrani.

Fecero la Storia i professori universitari che rifiutarono il giuramento fascista del 1931, senza poter confidare nella prospettiva di un capovolgimento imminente. Non li si ricorda mai (vedi sotto link). Si fece la Storia, senza “capi che dettassero la linea”, nelle Quattro Giornate di Napoli (vedi sotto link), e a Cefalonia (vedi sotto link). Ma si è parlato poco di entrambe, e a decenni di distanza.

Similmente dimenticati i militari italiani che, dopo l’8 Settembre, si rifiutarono di aiutare nazisti e Repubblica Sociale Italiana, andando incontro a prigionie durissime, o alla morte … in numero esorbitante, addirittura superiore a quello delle vittime della Shoa. Ma nonostante la presenza, nelle loro file. di personaggi che sarebbero in seguito diventati famosi, come Luciano Salce, o come Gianrico Tedeschi, nessun IMI (“Internati Militari Italiani”) otterrà mai un seggio da Senatore a vita.

https://it.wikipedia.org/wiki/Internati_Militari_Italiani

https://it.wikipedia.org/wiki/Pier_Luigi_Bellini_delle_Stelle

https://www.massimofini.it/articoli-recenti/2257-pedro-e-bill-i-miei-partigiani

https://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Pizzoni

Col ’68 inizia la ridicola pretesa di far contare come “lotte” non le manifestazioni per il mantenimento del posto di lavoro, per il salario e per le pensioni, o anche per il Divorzio e per l’Aborto, ma tafferugli, vendette, brutti articoli scritti su giornali esagitati, permeati dal conformismo dell’epoca.

Oggi, alcuni di questi “lottatori” stanno in Parlamento, a difendere strenuamente il Vitalizio (vedi link sotto).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/14/vitalizi-capanna-prendo-5mila-euro-netti-al-mese-non-mi-sento-privilegiato/329788

Una ricostruzione anticonformista del Novecento e della transizione verso il Terzo Millennio, compare nei libri di Gianfranco Domizi, reperibili su Amazon.

Marzia Schenetti ha dedicato due libri alla ricostruzione di biografie “sottotraccia” delle donne, ed è stata la prima in Italia ad occuparsi di donne partigiane … anche se poi questo merito è stato attribuito ad altri, a lei successivi, ma meglio inseriti nei contesti della Memoria “accreditata”, nonché dei Media “che contano”.

Alcune biografie sono diventate canzoni, spesso inserite in spettacoli di Teatro Sociale, in particolare nell’Opera omonima “Ritratti di Donne”.
Si possono ascoltare oltre 30 canzoni dedicate alle Storie delle donne, cliccando qui sotto nella playlist di Ritratti di Donne!

https://www.facebook.com/100000212178044/videos/2981709888512721

Se l’articolo ti è piaciuto lascia un tuo commento, mi farà piacere! Se hai ricevuto questa newsletter direttamente in posta elettronica, riceverai automaticamente i prossimi numeri, ma se non desiderassi riceverla più, puoi scriverlo nel format qui sotto. Se sei entrato/a in contatto con la newsletter attraverso media diversi dalla posta elettronica, puoi continuare a riceverla, lasciando il tuo indirizzo e un messaggio nel format qui sotto.